È il 31 agosto e il caldo concede una tregua ai presidianti di Niscemi: il sole già alto si nasconde dietro nuvoloni scuri fra continui salti di vento. Gruppi di attivisti escono dal presidio No MUOS di contrada Ulmo per una passeggiata nei dintorni, lungo le stradelle intorno alla base: i lavori sul MUOS sembrano fermi, il cantiere in ozio. Il massimo impegno dell’apparato politico-militare e dei suoi contractors locali e internazionali, oggi, a Niscemi si concentra sul potenziamento delle 46 antenne attive da oltre vent’anni. E ora più che mai in funzione perché indispensabili per l’imminente attacco alla Siria.
Con questo clima, anche una semplice camminata diviene un gesto sospetto, una possibile azione sovversiva: le torrette mobili si attivano. Giungono i mezzi della polizia italiana, dentro e fuori la base, per sorvegliare e per essere pronti a intervenire in difesa dell’indifendibile. I marines americani mobilitano i loro enormi Hammer che fanno sembrare veramente poca cosa la panda 4×4 e la punto di cui sono dotati i poliziotti italiani. Poliziotti e soldati, al momento, non possono far altro che filmare dagli Hammer blindati e dalla panda 4×4: i soldati americani si appostano nei posti migliori per le riprese, cambiando spesso e rapidamente posizione in modo da riprendere tutti con le telecamere dotate di teleobiettivi enormi. Non possono lasciarsi sfuggire i volti di ragazzi, uomini fatti, donne e bambini, tutti pacifici, tutti sorridenti e anche un po’ sorpresi per lo spiegamento di forze, sicuramente spropositato per sorvegliare delle persone che fanno trekking, con alcuni che reggono dei palloncini, per gioco: tutta la scena e tutti i volti vengono immortalati dalle telecamere della sicurezza dei militari statunitensi, ordinaria amministrazione per chi è abituato a vedere terroristi ovunque.
Il vento intanto trascina un paio di palloncini oltre la rete, una soldatessa in mimetica è tentata di raccoglierli, un coro la incoraggia a farlo e restituirli, ma chissà cosa teme dai palloncini e dal possibile gesto di “pacifica vicinanza” che mal si addice a chi indossa la divisa di un corpo militare in stato di allerta.
Fortuna che nella zona ci sono i canneti. Raccolta una canna più lunga di altre (fra quelle, tante, che hanno tagliato lungo la recinzione dalla parte del sentiero pubblico per meglio sorvegliarlo da dentro la base), è un gioco da ragazzi recuperare i due palloncini: sembra di stare al luna park quando se riesce il gioco di abilità, vinci un pesciolino rosso imbustato.
Apriti cielo! Non siamo al luna park e anziché con il pesciolino rosso, l’apparato militare reagisce mettendo in mostra tutti i suoi muscoli: a decine i marines si schierano lungo la recinzione. Agli hammer che, nonostante la mole, si mimetizzano nella rada macchia mediterranea, si affiancano i gipponi bianchi delle unità cinofile. Fa una certa impressione, ma è così: i soldati si dispiegano armi in pugno nei ripari ricavati nel ventre delle colline e nelle asperità del terreno lasciando in “prima linea”, subito dietro le reti, i feroci e ubbidienti cani antisommossa e da combattimento. Gli attivisti se la ridono alla grande, sempre più divertiti. Il vento gira e ora soffia in direzione della base, tutti i palloncini prendono respiro e indirizzano il loro volo verso le antenne da guerra. Recano un messaggio che va a impigliarsi fra le reti e i tiranti degli altissimi tralicci, i militari guardano stupiti: ogni palloncino ha una targhetta con la scritta No War.
Il vento cambia ancora e uno squarcio fra le nubi lascia intravvedere di nuovo il sole. Il tempo tiene, la minaccia del temporale sembra allontanarsi: la passeggiata può prolungarsi.
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