Qualsiasi discorso sul cambiamento climatico in atto e sulla destabilizzazione e crisi costante di stati, economie o popolazioni, che non consideri anche le responsabilità dell’imperialismo (culturale ed economico) e della guerra permanente in cui viviamo, rimane tronco di una delle sue parti più importanti.
La guerra permanente, una delle più grandi opere inutili dell’età contemporanea, figlia del sistema capitalistico globale che sfrutta ciecamente le risorse del pianeta, è infatti uno dei principali protagonisti della devastazione e dell’avvelenamento della terra e dei suoi abitanti. Non solo fa strage di civili, danneggia uomini, donne e bambini, provoca anche l’impoverimento del suolo, inquina l’aria e le acque, costringe all’esodo, è responsabile di crimini ambientali e biocidi indicibili, dalle conseguenze irreversibili che rendendo il mondo sempre meno sicuro, meno gestibile, meno abitabile per tutti. Scatenare guerre e destabilizzare territori, inoltre, impenna la vendita delle armi, alimentando un circuito vizioso in cui ad arricchirsi a scapito di molti sono sempre i soliti noti.
Sappiamo bene quali sono i principali motivi per cui scoppiano e sono scoppiate le guerre più sanguinose: il controllo delle risorse, prime fra tutte il petrolio, ma anche il gas, interessi economici legati alla necessità di accaparrarsi risorse energetiche mascherati da questioni ideologiche e retoriche come quella di “esportare la democrazia” o delle “missioni di pace”. Rimane il fatto che i signori del petrolio e del gas sono anche i signori della guerra. Serve a mantenere questo sistema anche l’assicurarsi il controllo delle miniere di materiali inquinanti come il coltan o l’uranio (elemento radioattivo), l’estrazione dei quali sta provocando la distruzione di enormi aree non solo dal punto di vista ambientale ma anche sociale e umano, per le condizioni di sfruttamento e per l’assenza di qualsiasi tutela dei diritti umani e dei lavoratori. Una situazione disumana e vergognosa in cui si trovano ridotti in schiavitù spesso anche i minori.
La guerra e l’industria bellica sono la causa di vere e proprie catastrofi naturali e attentati all’ambiente, non sono la soluzione. Distruggono e uccidono non solo quando si manifestano sotto forma di battaglia armata e di militarizzazione dei territori, ma anche quando agiscono in maniera più subdola attraverso la produzione e l’utilizzo di armi chimiche e veleni, durante le esercitazioni militari piccole e grandi, con i test nucleari, tappezzando il suolo di mine e materiale esploso o inesploso, usando energie e risorse naturali – soprattutto carboni fossili, petrolio, ma anche acqua e altre materie prime – per l’installazione, il mantenimento e il funzionamento delle basi, per gli approvvigionamenti, gli spostamenti, gli aerei e i mezzi militari. Le industrie e le operazioni militari emettono CO2 per produrre e usare le armi, generano rifiuti tossici impossibili da smaltire, eppure l’industria militare pesantemente continua la sua crescita economica e la sua attività senza essere mai oggetto di discussione in nessun protocollo o accordo sul clima. Tra i principali responsabili troviamo, se non altro dal punto di vista storico, la potenza imperialista leader del “settore”, sia dal punto di vista politico che economico: gli USA. La maggior parte delle multinazionali della guerra risiedono negli Stati Uniti con a capo la Lockeed-Martin. Lo stato italiano, tramite l’appoggio agli alleati NATO, primi fra tutti gli USA, si rende complice della destabilizzazione e della distruzione del pianeta sia tramite le sue decisioni politiche – spese miliari sempre crescenti, missioni estere, appoggi e incentivi alle industrie militari italiane (Leonardo e Fincantieri, aziende leader mondiali nel settore degli armamenti), ma anche statunitensi, mediante programmi di acquisto di armi (per esempio gli F35). Oltre ad ospitare più di cento basi USA e NATO, detengono il primato di presenza militare italiana ed estera il Veneto, la Sardegna, la Campania e la Sicilia, l’Italia si presta anche ad esserne l’arsenale atomico con due basi: quella dell’Aeronautica militare di Ghedi e quella statunitense di Aviano (Pordenone). A Napoli, prima a Bagnoli adesso a Lago Patria, opera il comando militare più importante degli Stati Uniti e della NATO nell’Europa meridionale.
Se guardiamo alla spesa pubblica italiana, vediamo che per il 2019 il Ministero della Difesa ha stanziato circa 27 miliardi di euro a fronte di un bilancio di circa 5 miliardi di euro del Ministero dell’Ambiente, cosa che rende del tutto evidente le vere priorità dei governi e l’incapacità politica di affrontare nel concreto la crisi umanitaria e ambientale del nostro tempo. Anzi, la vulgata e la retorica che giustifica la ri-corsa alle armi è questa: dai cambiamenti climatici cominciano a derivare e deriveranno miliardi di profughi ambientali, la destabilizzazione dei sistemi economici e sociali causerà la necessità di una risposta armata. Dovremo dunque essere preparati, pronti all’assedio! Invece, sappiamo bene che, se del conflitto non si potrà certo fare mai a meno, è sulla sua risoluzione pacifica e inclusiva che si gioca la prosperità e il vero progresso della specie umana e del suo ambiente naturale: il pianeta terra.
Il conflitto è ancora considerato uno scenario futuro, non il presente. Come se la corsa e il ricorso alle armi non fossero la principale minaccia alla destabilizzazione, come se non ci fosse alternativa.
SICILIA – SINTESI DI UNA LOTTA DECENNALE
Da ormai dieci anni il Movimento No Muos, nato e cresciuto attorno ai comitati cittadini di Niscemi e città vicine quali Caltagirone e Ragusa, si batte contro la presenza invasiva della base militare USA di Niscemi, una delle infrastrutture militari più estese del territorio italiano: 1.660.000 metri quadri di terreni prima boschivi e agricoli. Qui sono installate 46 antenne dal 1991 e, dal 2016, tra alterne vicende politiche e giudiziarie, è operativo il MUOS (Mobile User Objective System): il sistema di telecomunicazioni satellitari composto da quattro stazioni terrestri e satelliti correlati, una alle Hawaii, una in Virginia, una in Australia e questa in Sicilia, che garantiscono la copertura globale alle comunicazioni della Marina militare USA.
La base di Niscemi, nella Sicilia orientale, a distanza di pochi chilometri in linea d’aria con Sigonella, si trova all’interno di una riserva naturale, non ospita contingenti permanenti, poiché i militari americani la presidiano a turni, né armamenti, tuttavia è una delle basi più importanti per la comunicazione e il coordinamento delle guerre del nuovo secolo ormai per lo più telecomandate e informatizzate. Per questo rappresenta uno strumento di guerra vera e propria, l’arma del nuovo millennio.
La Sicilia, definita senza mezzi termini la Portaerei del Mediterraneo, non si fa mancare niente. Infatti la base di Sigonella accoglie aerei, missili, droni e contingenti militari in pianta stabile pronti a fare la guerra in qualsiasi momento. Non mancano frequenti presenze di sottomarini a propulsione e armamento nucleare, segnalati spesso ad Augusta, a Catania e a Messina. Il ruolo di hub e portaerei della Sicilia trova conferma anche nella presenza di numerose installazioni militari in ogni angolo dell’isola: a Trapani Birgi, a Punta Izzo, a Centuripe e in molti altri siti. I coloni USA si avvalgono inoltre di villaggi costruiti ad hoc che ricalcano in tutto e per tutto il modello di cittadina all’americana, complessi abitativi autorizzati e realizzati tramite la preziosa collaborazione del malaffare politico e della mafia locale.
Terreni agricoli sottratti per far spazio ad avamposti militari e a cementificazione, ambienti marini e costieri interdetti e irreversibilmente danneggiati, antichi boschi e sugherete falcidiate per far posto alle antenne, cieli solcati da caccia ed esercitazioni aeree, questi sono solo alcuni degli impatti più evidenti delle installazioni militari. Altri impatti meno evidenti riguardano: lo sviluppo alternativo negato, la repressione del dissenso e la mancanza di partecipazione decisionale dei siciliani stessi che subiscono la servitù militare imposta dagli USA all’Italia e dall’Italia alla Sicilia, in nome di accordi tenuti sotto segreto militare, in nome della fantomatica sicurezza che gli USA garantirebbero con la loro presenza sul nostro territorio, in nome degli interessi strategici nazionali, in nome del popolo italiano.
La lotta al Muos, da tanti anni intrapresa e mai abbandonata, seppure con alterne vicende e ondate di repressione, è la lotta per la liberazione dalle servitù e politiche militari globali, di cui la Sicilia suo malgrado è simbolo per il suo essere nodo nevralgico del sistema.
Le politiche di guerra non solo producono morte e distruzione nei paesi teatro dei conflitti, ma impoveriscono le stesse società dove vengono progettate o subite, all’apparenza indirettamente come accade alla Sicilia. Mantenere questo sistema militare costa a tutti noi, non solo ai niscemesi o ai siciliani, sia in termini di risorse economiche che non vengono destinate alle politiche sociali, all’istruzione e alla libera ricerca, alla sanità e ai servizi, sia in termini di investimenti in prospettiva della reale messa in sicurezza della salute e dell’ambiente in cui viviamo.
Grazie al crescere del Movimento No Muos per la prima volta queste questioni hanno raggiunto livelli di coinvolgimento locale mai visti prima, prima regionali, poi nazionali e internazionali. Nel corso degli anni, soprattutto dal 2012 al 2015, tantissime le dimostrazioni di fronte alla base e non solo, numerosi i cortei e le azioni concrete, i blocchi stradali per fermare il passaggio dei mezzi militari e del MUOS, i presidi, forti le pressioni politiche che hanno portato la Regione Sicilia ad esprimersi contro il progetto di militarizzazione forzata all’unanimità nel 2013, costringendo l’allora Presidente della Regione Crocetta a revocare le autorizzazioni precedentemente concesse nel silenzio e nell’assenza di un reale processo decisionale alla pari. Tantissimi anche i rapporti con la politica e le istituzioni destinati a diventare delusioni e carta straccia. Sempre più evidenti le collusioni con il sistema mafioso e i suoi esponenti. La determinazione del movimento ha però avuto spesso la meglio.
Un evento storico: l’invasione di base del 9 agosto 2013, giorno in cui un corteo chiamato a raccolta nel giro di una settimana in risposta al volta faccia del Presidente della Regione, ha divelto le reti e occupato la base militare con circa mille persone. La sera prima alcuni attivisti e attiviste avevano deciso di occupare le antenne più alte. Grazie a queste azioni la funzionalità della base è stata bloccata per più di un giorno.
Foto di Fabio d’Alessandro
- Sigonella è il più importante avamposto militare contro le possibili minacce nella regione mediterranea.
- La Sicilia ha il ruolo di grande hub militare.
- Il MUOS è intoccabile, così come lo sono le altre basi e i poligoni militari nel Sud e in Sardegna.
- Coste e mari sono a libera disposizione degli eserciti per esercitazioni e addestramenti.
Affermazioni che raccontano di una Sicilia dal destino prestabilito da qualcuno, ma non appoggiato e non voluto da nessuno dei suoi abitanti.
Siamo noi a vivere la contraddizione e a renderci conto dell’assurdo in cui viviamo. Da una parte la mancanza di strade e collegamenti, di servizi di base, di risorse idriche e politiche economiche, agricole e ambientali adeguate, dall’altra i militari e le loro basi a cui non manca mai niente. Nemmeno il servizio di sicurezza, nel nostro caso tutto orgogliosamente italiano, che reprime i nomuos e difende i cittadini statunitensi da noi e da chiunque si opponga a questo continuo saccheggio del mondo.
Da una parte ospedali che chiudono, scuole disastrate, mancanza di lavoro, emigrazione, aumento delle malattie legate all’inquinamento elettromagnetico a cui si aggiungono le attività nocive e inquinanti di altri settori, la mafia e il malaffare, dall’altra la retorica dei governi che giustificano il sacrificio della Sicilia con motivazioni di geopolitica eurocentrica, di supremo interesse nazionale, di economia basata sullo sviluppo insostenibile e incompatibile con il futuro dell’umanità e del pianeta.
La nostra lotta contro il MUOS, contro tutte le basi militari e le guerre, ci ha insegnato quanto questa sia centrale e strettamente connessa a tutte le mobilitazioni che hanno come obiettivo il cambiamento del sistema economico imperialista, con tutti i movimenti e i comitati per la tutela e salvaguardia ambientale, per la costruzione di una società in pace con se stessa e con la terra. Perché sono principalmente le guerre lo strumento con cui il capitalismo regola il controllo del Pianeta.
La Sicilia oltre che avamposto di guerra è anche frontiera Sud della Fortezza Europa, due aspetti inscindibili che, a partire dagli ultimi anni, hanno visto rinsaldarsi la lotta antimilitarista e la resistenza nei confronti delle vere proprie campagne e guerre contro i migranti. Una delle galere etniche come il CARA di Mineo che verrà chiusa entro quest’anno, scopriamo essere candidata a diventare un ulteriore polo militare.
La Sicilia che sogniamo di abitare non è questa! Non vogliamo essere complici di questo sistema che ci relega ad essere solo spettatori passivi, e che tende a deresponsabilizzarci nei confronti dei nostri fratelli e sorelle che attraversano il Mediterraneo e i confini. Siamo consapevoli che ecologia, ambiente e migrazioni sono temi che fanno parte della stessa realtà, proprio perché ne vediamo i legami, le cause e le conseguenze nella pratica, sul nostro territorio.
VIE D’USCITA E PROPOSTE ALTERNATIVE
Atti concreti
– Lo smantellamento del MUOS e delle 46 antenne. Restituzione dell’area adesso occupata dalla base alla legittima proprietaria: la Sughereta di Niscemi.
– La fine della servitù militare USA, dismissione di tutte le basi militari e rimpatrio dei militari.
– La destinazione della spesa pubblica non al finanziamento dell’apparato militare e industriale legato agli armamenti, ma a politiche sociali e di sviluppo inclusivo e ecocompatibile, al potenziamento del sistema di protezione civile e di accoglienza.
– Bonifica dei siti militari, ripristino dell’ecosistema, denuclearizzazione
Atti politici
– Attuazione dell’art 11 della costituzione: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.”
– La fine della complicità italiana alla distruzione del mondo tramite gli accordi politici con l’alleato USA e la NATO.
– Sicilia Mediterraneo di pace, una terra dove i popoli si incontrino, scambiando le loro competenze tecnologiche, scientifiche, professionali e le loro culture, al di fuori di relazioni di sfruttamento, egemonia e sopraffazione (questo l’ho preso dalla carta d’intenti)
BASE MILITARE NRTF E MUOS – DETTAGLI TECNICI E ALTRE INFORMAZIONI
La stazione di telecomunicazioni di Niscemi (Caltanissetta) è attiva dal 1991. Si tratta di una delle infrastrutture militari più estese del territorio italiano: 1.660.000 metri quadri di terreni boschivi e agricoli, entrati nel settembre 1988 nella disponibilità del Demanio pubblico dello Stato – Ramo Difesa Aeronautica Militare, dopo l’acquisizione dalla Olmo S.p.A. di Catania. La Naval Radio Transmitter Facility di Niscemi assicura le comunicazioni supersegrete delle forze di superficie, sottomarine, aeree e terrestri e dei centri C4I (Command, Control, Computer, Communications and Intelligence) della Marina militare Usa. Un’infrastruttura ad uso esclusivo delle forze armate statunitensi, come scritto nell’Accordo tecnico tra il Ministero della difesa e il Dipartimento della difesa degli Stati Uniti d’America riguardante le installazioni in uso alle forze USA di Sigonella, firmato a Roma il 6 aprile del 2006 dall’ammiraglio N. G. Preston, comandante US Navy per la regione europea e dal generale Mario Marioli dell’esercito italiano. Come si legge nell’accordo, l’uso esclusivo «significa l’utilizzazione dell’infrastruttura da parte della forza armata di una singola Nazione, per la realizzazione di attività relative alla missione e/o a compiti assegnati a detta forza dallo Stato che l’ha inviata». A esplicitare ulteriormente la piena sovranità di Washington, la tabella annessa all’accordo con l’elenco delle infrastrutture di «proprietà ed uso esclusivo» USA a Niscemi: il sito di trasmissione e l’antenna a microonde; l’Helix House e l’antenna a bassa frequenza LF; un magazzino di stoccaggio; un edificio per la protezione antincendio; un serbatoio d’acqua; un’officina di manutenzione elettronica; 37 antenne ad alta frequenza HF.
Le onde emesse dalle stazione coprono tutto lo spettro compreso tra le UHF e le VHF (Ultra and Very High Frequency – ultra e altissime frequenze, dai 30 MHz ai 3000 MHz, utilizzate per le comunicazioni radio con aerei e satelliti), alle ELF – VLF – LF (Extremely and Very Low Frequency – frequenze estremamente basse e bassissime, dai 300 Hz a 300kHZ), queste ultime in grado di penetrare in profondità le acque degli oceani e contribuire alle comunicazioni con i sottomarini a capacità e propulsione nucleare. A seguito della chiusura della stazione di Keflavik (Islanda), nel settembre 2006 è stato installato a Niscemi un Sistema “addizionale” di processamento e comunicazione automatico e integrato (ISABPS) che consente tutte le funzioni di collegamento in bassa frequenza con i sottomarini strategici (Atlantic Low Frequency Submarine Broadcast).
Il MUOS (Mobile User Objective System) della Marina militare degli Stai Uniti d’America (US Navy), installato definitivamente nel 2014 e operativo dal 2016, si compone di tre grandi antenne paraboliche dal diametro di 18,4 metri, funzionanti in banda Ka per le trasmissioni verso i satelliti geostazionari e di due trasmettitori elicoidali in banda UHF (Ultra High Frequency), di 149 metri d’altezza, per il posizionamento geografico. Mentre le maxi-ante trasmettono con frequenze che raggiungeranno valori compresi tra i 30 e i 31 GHz, i due trasmettitori elicoidali hanno una frequenza di trasmissione tra i 240 e i 315 MHz.
Il progetto vede la presenza di altri tre terminali a terra: uno alle Hawaii; uno a Norfolk, Virginia; uno in Australia e il quarto a Niscemi, che assicurano copertura globale. Il terminale terrestre di Niscemi assicurare il funzionamento dell’ultima generazione della rete satellitare in UHF (altissima frequenza) che collega tra loro i Centri di Comando e Controllo delle forze armate Usa, i centri logistici e gli oltre 18.000 terminali militari radio esistenti, i gruppi operativi in combattimento, i missili Cruise e i Global Hawk (UAV-velivoli senza pilota), ecc..
Originariamente la base prescelta per il terminal del nuovo sistema satellitare era quella di Sigonella, la principale stazione aeronavale della Marina militare degli Stati Uniti nel Mediterraneo. Poi, la Us Navy ha deciso di dirottare l’impianto terrestre presso la vicina stazione di Niscemi. Il cambio di destinazione è stato dettato dalle risultanze di uno studio sull’impatto delle onde elettromagnetiche generate dalle grandi antenne del MUOS, elaborato da AGI – Analytical Graphics, Inc., importante società con sede a Exton, Pennsylvania, in collaborazione con la Maxim Systems di San Diego, California. Lo studio, denominato “Sicily RADHAZ Radio and Radar Radiation Hazards Model”, è consistito nell’elaborazione di un modello di verifica dei rischi di irradiazione elettromagnetica sui sistemi d’armi, munizioni, propellenti ed esplosivi ospitati nello scalo aeronavale siciliano (HERO – Hazards of Electromagnetic to Ordnance). La simulazione informatica del modello ha condotto ad un inatteso “No” all’ipotesi di utilizzo della base di Sigonella.
“Il modello Radhaz Sicilia – si legge sul sito internet dell’AGI – è stato implementato con successo a Sigonella, giocando un ruolo significativo nella decisione di non usare il sito per il terminale terrestre MUOS e di trovare una nuova destinazione”. Anche Filippo Gemma, amministratore di Gmspazio Srl di Roma (società che rappresenta in Italia la statunitense AGI), ha confermato l’esito negativo dello studio sull’impatto elettromagnetico. Nel corso di un’intervista a RaiNews 24, trasmessa il 22 novembre 2007 durante lo speciale “Base Usa di Sigonella. Il pericolo annunciato”, Gemma ha dichiarato che “una delle raccomandazioni di AGI era che questo tipo di trasmettitore non dovesse essere installato in prossimità di velivoli dotati di armamento, i cui detonatori potessero essere influenzati dalle emissioni elettromagnetiche del trasmettitore stesso”. I ricercatori hanno cioè accertato che le fortissime emissioni elettromagnetiche possono avviare la detonazione degli ordigni presenti nella base militare.
La gravità e le incongruenze degli sudi che hanno spianato la strada alla concessione delle autorizzazioni del MUOS hanno spinto l’Amministrazione comunale di Niscemi ad affidare al Politecnico di Torino un’Analisi dei rischi del Mobile User Objective System presso il Naval Radio Transmitter Facility di contrada Ulmo. Il rapporto, presentato il 4 novembre 2011 dai professori Massimo Zucchetti (ordinario di Impianti nucleari del Politecnico e research affiliate del MIT – Massachusetts Institute of Thecnology) e Massimo Coraddu (consulente esterno del Dipartimento di energetica), ha rilevato l’insostenibilità ambientale del nuovo impianto e le “gravi carenze” degli studi effettuati dagli statunitensi. “Nella valutazione redatta dalla US Navy nel 2008 – scrivono Zucchetti e Coraddu – non viene neppure esaminato quello che probabilmente è il peggiore dei rischi possibili: un incidente che porti all’esposizione accidentale al fascio di microonde, pericolosissimo e potenzialmente letale, anche per brevi esposizioni, a distanze inferiori a circa 1 Km».
“Nonostante gli scarni dati disponibili – aggiungono i due ricercatori – con la realizzazione delle nuove antenne si verificherà un incremento medio dell’intensità del campo in prossimità delle abitazioni più vicine pari a qualche volt per metro rispetto al livello esistente, con la possibilità del verificarsi di punti caldi, con un incremento del campo nettamente superiore. C’è poi il rischio di effetti acuti legati all’esposizione diretta al fascio emesso dalle parabole MUOS in seguito a malfunzionamento o a un errore di puntamento. I danni alle persone accidentalmente esposte a distanze inferiori ai 20 Km saranno gravi e permanenti, con conseguente necrosi dei tessuti”.
Le onde elettromagnetiche hanno pesantissimi effetti pure sul traffico aereo nei cieli siciliani e in particolare sul vicino aeroporto di Comiso. “La potenza del fascio di microonde del MUOS è senz’altro in grado di provocare gravi interferenze nella strumentazione di bordo di un aeromobile che dovesse essere investito accidentalmente”, spiegavano Zucchetti e Coraddu. “Gli incidenti provocati dall’irraggiamento di aeromobili distanti anche decine di Km. sono eventualità tutt’altro che remote e trascurabili ed è incomprensibile come non siano state prese in considerazione dagli studi progettuali. I rischi d’interferenza investono potenzialmente tutto il traffico aereo della zona circostante il sito d’installazione del MUOS. Nel raggio di 70 Km si trovano ben tre scali aerei: Comiso, a poco più di 19 Km dalla stazione di Niscemi, e gli aeroporti militare di Sigonella e civile di Fontanarossa (Catania), che si trovano rispettivamente a 52 Km e a 67 Km”. Sigonella, tra l’altro, è oggetto delle pericolosissime operazioni di atterraggio e decollo dei velivoli da guerra senza pilota Global Hawk, Predator e Reaper a disposizione delle forze armate USA e NATO.
Il programma MUOS è stato affidato nel 2002 alla Lockheed Martin, la più potente delle compagnie USA del comparto difesa, produttrice dei famigerati cacciabombardieri F-35, oltre 126.000 dipendenti e un fatturato annuo di 45,8 miliardi di dollari. In qualità di prime contractor, la controllata Lockheed Martin Space Systems di Sunnyvale (California) ha il compito di progettare e realizzare quasi tutte le componenti e le apparecchiature dei sistemi terrestri e satellitari. Alla realizzazione del sistema MUOS partecipano pure General Dynamics C4 Systems (Scottsdale, Arizona), chiamata ad installare le mega-antenne satellitari e a curare il collegamento tra i quattro distinti segmenti terrestri; Boeing Defense Space and Security (El Segundo, California), per la messa in funzione e la verifica di compatibilità del sistema; Harris Corporation (Melbourne, Florida) per la fornitura della rete dei riflettori; la filiale texana della svedese Ericsson per la costruzione di alcune porzioni del segmento integrato terrestre.
L’iter di realizzazione del terminale terrestre MUOS a Niscemi prende il via il 27 settembre 2005, quando l’Ambasciata USA di Roma invia al Ministero della difesa italiano la richiesta del Comando di NAVFAC Europe and South West Asia (Napoli-Capodichino) d’installare nella grande stazione aeronavale di Sigonella uno dei terminali terrestri del nuovo sistema satellitare. Nonostante si tratti di un programma altamente strategico, di proprietà delle forze armate statunitensi, le caratteristiche e le implicazioni del sistema MUOS non vengono discusse in Consiglio dei ministri, né il Ministero della difesa sente il dovere di presentarlo in Parlamento. A valutare la scarna documentazione è chiamato il III reparto – Politica militare e pianificazione dello Stato Maggiore della difesa (Roma) che il 9 marzo 2006 dà la propria autorizzazione.
Intanto la Marina degli Stati Uniti, preoccupata dei possibili effetti negativi delle microonde del MUOS sul traffico aereo militare, aveva deciso di dirottare il nuovo impianto di telecomunicazioni nella stazione NRTF – Naval Radio Transmitter Facility di Niscemi e informava il comandante del 41° Stormo dell’Aeronautica italiana di stanza a Sigonella, che a sua volta inoltrava a Roma la scheda relativa al nuovo progetto di Niscemi, annotando che l’Aeronautica non aveva «nulla contro per quanto concerne il posizionamento del MUOS, fermo restando le opportune verifiche di impatto tecnico-strumentale ed ambientale». Il 31 ottobre 2006 la Direzione generale dei lavori e del demanio del Ministero della difesa approvava in via definitiva la richiesta del Comando US Navy, precisando che «lo Stato Maggiore della Difesa ha espresso il non interesse delle Forze Armate italiane alla futura acquisizione delle opere in caso di dismissione statunitense». Restava solo da ottenere le autorizzazioni da parte della Regione Siciliana, in quanto i lavori per l’installazione delle nuove antenne avrebbero interessato un’area di 2.509 m2 ricadente in zona B della riserva naturale “Sughereta” di Niscemi, Sito di Importanza Comunitaria (SIC), rientrante – secondo il manuale delle linee guida per la gestione dei Siti Natura 2000 del Ministero dell’ambiente – nella tipologia «a dominanza di querceti mediterranei».
Il 24 gennaio 2007, il comando dell’Aeronautica militare di Sigonella inoltrava il progetto MUOS all’Assessorato regionale territorio e ambiente. Dopo il rilascio di un’autorizzazione di massima da parte del Servizio per i beni paesaggistici naturali ed urbanistici della Regione, nell’attesa del progetto esecutivo e dalla relazione paesaggistica, il 14 giugno 2007 l’Assessorato competente inviava copia del documento all’allora sindaco di Niscemi, Giovanni Di Martino.
Il 3 aprile 2008, l’Assessorato territorio e ambiente della Regione provvedeva a trasmettere al Comune di Niscemi copie dei progetti del sistema di trasmissione satellitare e per un «nuovo impianto per mitigazione dei problemi di erosione superficiale e protezione dagli incendi nell’area della postazione radiotrasmittenti della Marina Statunitense». Un mese e mezzo più tardi, il Comune riceveva dall’Aeronautica militare la relazione paesaggistica e la valutazione di incidenza ambientale predisposta dal Comando US Navy. Il 9 settembre 2008, fu convocata a Palermo una conferenza di servizi, a cui parteciparono pure due funzionari del Comune di Niscemi, che espresse all’unanimità parere favorevole sulla compatibilità ambientale del MUOS.
Sotto la spinta delle crescenti mobilitazioni popolari, l’Amministrazione comunale affidò a tre professionisti siciliani (Donato La Mela Veca, Tommaso La Mantia e Salvatore Pasta), l’incarico di studiare i possibili impatti del MUOS sulla flora e la fauna dell’importante area protetta “Sughereta”. La relazione fu consegnata il 10 ottobre 2009 e convinse il sindaco di Niscemi a disporre l’annullamento in autotutela dell’autorizzazione ambientale rilasciata l’anno prima. La relazione tecnica definì incompleta e di scarsa attendibilità la valutazione d’incidenza ambientale presentato dalla Marina militare statunitense, mentre la documentazione allegata fu bocciata perché discordante, insufficiente e inadeguata e nel progetto furono individuate gravi lacune ed omissioni.
Ciononostante i lavori furono affidati sin dalla primavera del 2008 ad un consorzio d’imprese denominato Team MUOS Niscemi, guidato dalla Gemmo S.p.A. di Arcugnano (Vicenza), ma sono iniziati solo dopo il parere favorevole dell’Assessorato regionale al territorio ed ambiente, emesso l’1 giugno 2011 senza tenere minimamente conto delle norme di attuazione previste dal Piano territoriale paesistico della Provincia di Caltanissetta per la riserva naturale di Niscemi. «Abbiamo rilevato alcune problematiche sulla conduzione delle opere di sbancamento», denunciano i rappresentanti del Movimento No MUOS. «Negli elaborati grafici del progetto, la dislocazione delle piattaforme per le antenne non corrisponde con quelle in costruzione. Nelle tavole le basi erano disposte lungo una direttrice nord-sud, mentre la loro realizzazione è in direzione est-ovest. Non sappiamo se siano mai state approvate varianti in corso d’opera al progetto. Se non è così, i lavori non sono coerenti con le autorizzazioni rilasciate. Di sicuro questa modifica, per il profilo del terreno, ha comportato un maggiore volume di terra movimentata e di conseguenza un più pesante impatto sull’ambiente e il territorio. È perfettamente visibile, poi, la distruzione di essenze arboree tutelate. La scomparsa di parte della macchia mediterranea è provata anche dalle foto satellitari in nostro possesso, scattate prima dell’inizio dei lavori».
«L’entità delle trasformazioni in atto denotano una gravissima manomissione dell’ambiente con l’aggravante di esplicarsi a danno di un’area protetta di interesse internazionale», commenta amaramente il responsabile del C.E.A. di Niscemi, Salvatore Zafarana. «Nei suoli interessati dalla megastruttura è stato stroncato un processo di successione ecologica positivo che aveva portato alla colonizzazione dei suoli sabbiosi e steppici con specie cespugliose di gariga mediterranea. La superficie destinata ad accogliere il MUOS, unita a quella occupata dalle 41 antenne erette a partire dagli anni ‘90, hanno vanificato ogni possibilità di collegamento delle aree boscate più meridionali di contrada Pisciotto con quelle più a nord di Apa, Ulmo e Vituso e con il residuo bosco di Carrubba ad est. Ad essere definitivamente compromessi sono i lotti boscati di Mortelluzzo e Valle Porco, di limitate estensioni ma di indiscusso pregio naturalistico e paesaggistico».
Ai danni ambientali si è aggiunto l’aggiramento dei protocolli istituzionali in tema di legalità e opere pubbliche. Con l’avvio dei lavori, è comparsa come subappaltatrice la “Calcestruzzi Piazza Srl”, società sotto osservazione da parte degli organi inquirenti per presunte contiguità criminali.
Secondo il senatore Giuseppe Lumia (Pd) che il 14 febbraio 2012 ha presentato una specifica interrogazione ai Ministri della difesa e dell’interno, “la Calcestruzzi Piazza ha come amministratore unico Concetta Valenti, il cui marito convivente è Vincenzo Piazza, che, in base ad indagini della Direzione distrettuale antimafia (DDA) di Caltanissetta nonché ad altri elementi info-investigativi segnalati dalle Forze dell’ordine, apparirebbe fortemente legato al noto esponente mafioso del clan Giugno-Arcerito, Giancarlo Giugno, attualmente libero a Niscemi”.
Il senatore Lumia rileva che nel corso dell’indagine Atlantide-Mercurio della procura antimafia di Caltanissetta (gennaio 2009) “sono emersi contatti del Piazza con esponenti mafiosi» che «evidenziano ingerenze e condizionamenti di Cosa nostra nell’appalto per i lavori di recupero, consolidamento e sistemazione a verde dell’area sottostante il Belvedere, commissionati dal Comune di Niscemi”. Il 7 novembre 2011, la Prefettura di Caltanissetta ha reso noto che dopo le verifiche disposte dalle normative in materia di certificazione antimafia, “sono emersi elementi tali da non potere escludere la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi della sopracitata società”. Alla base del pronunciamento prefettizio, i contenuti di un rapporto della Divisione Polizia anticrimine della Questura di Caltanissetta del 6 ottobre 2011, e di quello della Sezione Criminalità organizzata della stessa Questura del 27 dicembre 2010.
A seguito dell’intervento prefettizio, il 25 novembre 2011 il dirigente dell’Area servizi tecnici della Provincia regionale di Caltanissetta ha sospeso la “Calcestruzzi Piazza” dall’Albo delle imprese per le procedure di cottimo-appalto. Venti giorni dopo anche il capo ripartizione per gli Affari generali del Comune di Niscemi ha disposto l’esclusione della società dall’elenco dei fornitori e dall’Albo delle imprese di fiducia. I Piazza hanno presentato ricorso al TAR di Palermo che ha però confermato la legittimità dei provvedimenti adottati dagli enti locali.
La vicenda giudiziaria molto lunga e complessa, intrapresa fin dal 2011, si è conclusa al momento in modo sfavorevole rispetto all’accusa e alle evidenze di abusivismo edilizio e devastazione ambientale del MUOS.
Il Movimento 5 Stelle, tra i più accaniti e agguerriti sostenitori – a loro dire – della lotta No Muos, giunti al potere non solo hanno tirant il freno a mano, ma hanno deciso anche di fare marcia indietro: tornando a ipotizzare confronti e dibattiti tramite tavoli tecnici e istituzionali, proponendo monitoraggi sulla salute e misurazioni tecniche che non servono a nulla se non a prendere tempo e forse ad aspettare che questa storia passi e vada nel dimenticatoio. Non sarà così.
28 Marzo 2019
Per il Movimento No Muos, contributi di: Cristina Di Pietro, Antonio Mazzeo.
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