ALCUNE CONSIDERAZIONI SUL PROCESSO INNANZI AL CGA E SUL SUO RAPPORTO COL PROCEDIMENTO PENALE RIGUARDANTE IL MUOS
(avv. Paola Ottaviano e Avv. Nello Papandrea)
Il processo amministrativo riguardante il MUOS è ormai concluso, con sentenza non ricorribile in Cassazione se non per questioni di giurisdizione.
Ci siamo astenuti nel corso del giudizio ma riteniamo ora di poter fare delle brevi considerazioni conclusive sulla vicenda.
Ovviamente non possiamo negare che la sentenza definitiva del CGA ci lascia l’amaro in bocca. E ciò anche sotto un profilo professionale per come si è definita la vicenda.
Ci sembra, infatti, che il CGA abbia adottato due pesi e due misure: ha ritenuto il difetto di istruttoria vizio determinante allorché ha annullato gli annullamenti d’ufficio (revoche) delle autorizzazioni emessi il 29 marzo 2013 da parte dell’Assessorato al Territorio ed Ambiente, mentre ritiene il vizio di istruttoria ininfluente rispetto alle autorizzazioni stesse che non vengono annullate pur se ne viene accertato il difetto istruttorio.
A ciò il CGA giunge dopo avere, con la sentenza parziale, riportato in vita le autorizzazioni annullate dalla Regione (annullando appunto l’annullamento per difetto istruttorio) e trasformato il processo che riguardava (e non poteva essere altrimenti) la validità delle autorizzazioni e del procedimento seguito per la loro emissione in un giudizio sulla nocività o meno delle emissioni elettromagnetiche.
Eliminata chirurgicamente la reale materia del contendere il CGA, sulla scorta di una, del tutto opinabile, ricostruzione del principio di precauzione, secondo la quale chi ne invoca l’applicazione deve provare pur se non con assoluta scientificità l’esistenza del danno (si legga in proposito il giusto intervento contenuto inhttp://www. ilfattoquotidiano.it/2016/05/ 24/muos-il-principio-di- precauzione-vale-un-po-meno/ 2760315/) dichiara di non ritenere esaustivo, senza spiegarne il motivo, quanto operato dal verificatore di primo grado e nomina una nuova commissione di verificazione della quale, con operazione inedita e, a nostro avviso assolutamente irrituale perché non consentita dall’Art. 19 del Codice del Processo Amministrativo, fanno parte tre ministri in carica. Operazione che, evidentemente, avrebbe tutto il sapore di una blindatura del risultato della verificazione.
Avendo fatto prontamente rilevare l’irritualità di tale nomina posto che il Ministro non è un organismo tecnico come richiesto dal Codice ma il vertice del ministero con la funzione politica di far rispettare gli indirizzi politici del consiglio dei ministri (del quale fa parte il Ministro della Difesa parte in causa), il CGA l’ha mantenuta sostenendo che i Ministri avrebbero comunque nominato dei tecnici, come se sia la stessa cosa essere un tecnico indipendente nominato da un organismo pubblico o un tecnico delegato diretto del Ministro.
L’andamento della verificazione, con la massima credibilità offerta alle affermazioni degli statunitensi, anche contrastanti con i dati progettuali, con l’accettazione del comando da remoto di tutte le antenne, senza possibilità di controllo effettivo etc.. era, a questo punto, già immaginabile e sicuramente ha fatto rimpiangere la figura del precedente verificatore Prof. Marcello D’Amore, la cui onestà intellettuale ed imparzialità nel giudizio era garantita, non solo dall’essere scienziato di chiara fama ed esperto della materia, ma anche perché professore in pensione senza ambizioni di carriera o incarichi.
La sentenza definitiva che non ci ha lasciato per nulla stupiti non apparirebbe altro che il corollario di un’equazione costruita ad arte per ottenere un risultato già predeterminato. Sentenza che probabilmente non reggerebbe al giudizio di un giudice superiore che, purtroppo, non c’è.
Ma è stato inutile quest’iter processuale?
Ancora oggi riteniamo di no. Il giudizio amministrativo, infatti, ha avuto il pregio di mettere a nudo le mille contraddizioni che stanno dietro la realizzazione del MUOS, a dare consapevolezza della sua illegittimità, a far conoscere le violazioni anche di norme Costituzionali e Pattizie che sono state commesse per la sua realizzazione e, infine, a consentire, costituendo quel fatto nuovo che permette il superamento del giudicato cautelare, il nuovo sequestro penale tuttora vigente.
Sul rapporto fra giudizio amministrativo e giudizio penale occorre ancora chiarire che il secondo è assolutamente indipendente. Rispetto a quest’ultimo, infatti, la sentenza di primo grado del TAR ha costituito solo un elemento nuovo che ha consentito il nuovo sequestro, ma non anche la motivazione del sequestro né dei capi di imputazione che discendono principalmente dal procedimento avviato dal Procuratore Giordano nel 2011. Tanto più che la questione riguardante l’inedificabilità dell’area sulla quale sorge il MUOS, che costituisce il perno dell’accertamento penale, non è stata scrutinata dal giudice amministrativo che l’ha ritenuta introdotta irritualmente. Il Giudice Penale, quindi, è del tutto libero di esprimersi su una questione di lapalissiana evidenza che non è mai stata esaminata da altro giudice. Il fatto che la sentenza del CGA abbia riportato in vita le autorizzazioni, non influenza minimamente il giudizio penale perché il Giudice Penale ha un autonomo potere di disapplicare gli atti illegittimi, e le autorizzazioni sono sicuramente illegittime perché rilasciate per consentire la realizzazione del MUOS in un’area compresa all’interno della Riserva Naturale Orientata Sughereta di Niscemi nella quale il regolamento (che è la legge speciale che disciplina la zona ed al cui rispetto sono tenute per espressa previsione di legge anche le opere militari), consente solo opere di sistemazione agricola.
Non resta, quindi, che attendere fiduciosi lo svolgimento del processo penale nel quale è stato depositata la richiesta di costituzione come parte civile anche del Comitato No MUOS, proprietario del Presidio di Contrada Ulmo, espressione di tutto il Coordinamento Regionale dei Comitati No MUOS
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