Sicilia, primo maggio 2014
La militarizzazione dei territori è lo sviluppo che non vogliamo. La Sicilia è sempre più la “portaerei naturale” del Mediterraneo (come auspicato dall’ex ministro Mauro). È forse questo il modello di società di chi ci governa?
A Niscemi la marina statunitense ha installato il Muos, un mega impianto di comunicazione che servirà da ponte a tutte le prossime guerre. Tre enormi parabole svettano dentro una riserva, la sughereta di Niscemi, (zona teoricamente protetta) Sito d’Interesse Comunitario e sottoposto a vincoli regionali ed europei. Le potenti onde elettromagnetiche sviluppate dall’impianto, portatrici di morte non solo per chi la guerra la fa, in questo caso gli USA di cui siamo ancora una volta appendice da colonizzare, ma anche per chi la guerra è costretto a farla, nonostante il dettato costituzionale dell’articolo 11.
Obama, d’accordo con gli zerbini locali, ha reso la Sicilia avamposto delle guerre future, quelle che utilizzano i droni e i sistemi d’arma automatizzati, quelli in cui i bersagli sono scelti dalle macchine. Quegli armamenti moderni per cui la vita umana è appesa a un algoritmo. Da anni i siciliani lottano contro l’installazione delle parabole e per lo smantellamento delle 46 antenne della base NRTF. Una lotta dal basso, contro una base USA che da 23 anni ha irradiato la popolazione, causando tumori, leucemie, malformazioni. Una base che è un’ulteriore ferita in un territorio devastato. La città di Niscemi, infatti, è un territorio soggetto a dissesto idrogeologico, con ataviche carenze d’acqua, privato anche degli elementari collegamenti e trasporti. Un territorio in cui il tanto decantato motto “ce lo chiede l’Europa” ha una valenza negativa: a Niscemi l’Europa non chiede che l’acqua corrente arrivi giornalmente alle famiglie, piuttosto che ogni 15-20 giorni anche per essere utilizzata dalla base USA. L’Europa non chiede che il tasso di disoccupazione, soprattutto quella giovanile, tra i più alti d’Europa, sia abbattuto. In un territorio così, idealmente vicino alla tragedia di Taranto, è naturale lo svilupparsi di una nuova tendenza migratoria verso il “nord”. E se lavoro deve essere non può più sottostare al ricatto, accettato per troppo tempo, o lavoro o ambiente. A pochi chilometri da Niscemi, sorge, infatti, il petrolchimico di Gela, altro “fiore all’occhiello” del territorio. Con una produzione ormai ridotta e una bonifica rimandata, tra spaventosi dati di malformazione e carcinomi, il petrolchimico continua a distruggere impunemente l’ambiente. Finalmente flebili segnali di rivolta da parte degli operai sembrano muoversi nella direzione giusta, la direzione che Taranto ha intrapreso tempo fa. A loro fianco gli operai di Gela troveranno i comitati No Muos. Così come gli operai di Taranto e tutti quelli che si battono contro la devastazione e la militarizzazione dei territori. Questo filo rosso ci unisce, dalla Val di Susa a Taranto alla Sicilia.
A Niscemi il 25 aprile abbiamo momentaneamente smilitarizzato un pozzo abusivamente incorporato nella base Usa per dimostrare che con le azioni dirette di lotta si possono evidenziare gli abusi di potere e le ingiustizie; per proseguire il percorso di lotta che ha portato migliaia di siciliani/e a invadere il 9 agosto scorso la base della morte a Niscemi indiciamo dal 6 al 12 agosto prossimo un Campeggio Resistente No Muos per smilitarizzare la Sughereta, il Meridione d’Italia e il Mediterraneo.
Coordinamento Regionale dei Comitati No Muos www.nomuos.info/
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