Sono stati dei giorni molto intensi gli ultimi vissuti a Niscemi e dintorni.
La conquista da parte di Turi Vaccaro di una delle tre parabole del MUOS ha dell’incredibile, dal punto di vista materiale e simbolico. Quel piccolo fortino che è il sito del MUOS, trincerato dietro metri e metri di filo israeliano, è stato violato. Per la prima volta.
Quella piccola base nella base, dove abbiamo visto da lontano i passaggi della costruzione delle parabole, con improvvise accelerazioni e arresti, è stata invasa da un corpo privo di divisa militare, scalzo e con un solo zainetto sulle spalle: così Turi è penetrato all’interno di uno dei siti strategici più importanti delle forze armate americane. Con la sola forza del suo corpo, si è arrampicato fino in cima e lì, per quasi due giorni, è rimasto, in compagnia di un martello. Solo a processo concluso apprendiamo la stima definitiva dei danni che Turi ha provocato alla parabola: 800 mila dollari di danni, tutti a carico degli Stati Uniti. La parabola è inutilizzabile e pare che per aggiustarla serviranno nuovi mezzi, nuovi operai, persino una nuova gru.
Senza voler in questo momento focalizzarci su quali scenari si aprono ora, se incominceranno da subito i lavori di riparazione nonostante il sito sia ancora sotto sequestro, quanto tempo ci vorrà e in che modo potremmo contrastare questi lavori, vogliamo innanzi tutto puntualizzare e dare il nome proprio alle cose. E chiaramente diciamo che Turi non ha semplicemente danneggiato il MUOS, ma lo ha sabotato, rendendolo così inutilizzabile.
Ogni martellata su quella parabola, per noi che la sentivamo da lontano, era la risposta più adeguata ad anni di mobilitazione contro questo mostro metallico. Ognuna delle martellate aveva un significato di riscatto rispetto ai danni ambientali, alla salute, alla devastazione della sughereta, al furto e alla militarizzazione della nostra terra, alle prese in giro di governi, regionali e nazionali, che abbiamo subito, alla repressione che i nostri corpi hanno ricevuto a suon di manganelli e denunce. Le martellate di Turi parlano il linguaggio del riscatto di un popolo che, nonostante tutto, non si arrende ed è ancora pronto a combattere per la smilitarizzazione della propria terra. Per questo, anche se Turi era fisicamente solo, facciamo nostra la sua azione di sabotaggio e la rivendichiamo in pieno come tale.
La vulnerabilità di questo mostro e delle assurde guerre che incarna si è mostrata ai nostri occhi chiaramente in questi in giorni.
È possibile violare il cantiere. È possibile smontare il MUOS. È possibile fermare e sabotare la follia delle guerre. È possibile vincere.
Fino alla vittoria, con ogni mezzo. No MUOS, ora e sempre.
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